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Poster

In questa pagina sono raccolti gli abstract dei poster presentati al convegno “LA PSICOLOGIA E IL SISTEMA SOCIO-SANITARIO REGIONALE”. Accanto a ciascun titolo potete trovare il collegamento da cliccare per visualizzare e scaricare il relativo poster (NB: il documento si aprirà in una nuova finestra del browser).

“SALUTE AD ARTE”: MUSICA E ARTE IN REPARTO? UNA RICERCA PRELIMINARE IN OSTETRICIA [poster]
Emanuela Beretta, Michela Cavalleri, Elena Dordoni, Elisa Maestrini.
Servizio Di Psicologia Area Ostetrico-Ginecologica, Spedali Civili, Brescia.

PREMESSE:
L’Arte è una risorsa comunicativa, una via di espressione presente in ognuno di noi, artisti creatori e semplici fruitori, di cui potrebbero godere anche le persone ricoverate in Ospedale.
Nello specifico, evidenze scientifiche dimostrano che l’impegno in attività artistiche può migliorare l’umore, le emozioni e altri stati psicologici con un impatto positivo anche su importanti parametri fisiologici, nelle donne con gravidanza a rischio, ospedalizzate, costrette al riposo a letto.

OBIETTIVI:
Migliorare la qualità di vita in reparto per le pazienti

CAMPIONE:
- Questionari di gradimento: 94 degenti reclutate.
Intervalli di giorni di ricovero: 1-52 giorni.
- ABEII: 71 degenti reclutate.
Intervalli di giorni di ricovero: 1-25 giorni.
Patologie: ipertensione, perdite ematiche, rottura del sacco, ecc.

STRUMENTI:
Questionario per testare il grado di motivazione ad aderire ad alcune iniziative artistiche e musicali in reparto durante la degenza.
Questionario per testare il grado di motivazione ad aderire a laboratori artistici e creativi.
ABEII, questionario di misurazione della qualità di vita durante l’ospedalizzazione.

RISULTATI:
Le pazienti si dichiarano motivate ad aderire a:
1. incontri programmati artistico-musicali (M=3,24 su 5)
2. laboratori artistici e creativi (M=3,30 su 5)
I risultati del questionario sulla qualità di vita (ABEII) in ospedale prima della realizzazione degli eventi sono: 2,02 media (scala Likert che va da 1 a 5)

BIBLIOGRAFIA:
Costance L. Bauer, LCSW, J.D., David Voctorson, Ph.D., Sarah Rosenbloom, Ph.D., Jpshua Barocas, B.A., and Richiard K. Silver, M.D., Alleviating Distress During Antepartum Hospitalization: A Randomized Controlled Trial of Music and Recreation Therapy, Journal of Woman’s Health, Volume 19, Number 3, 2010.
Evans D. BN MNS PhD RN, The effectiveness of music as an intervention for hospital patients: a systematic review, Integrative Literature Reviews and Meta-Analyses, 16 October 2001, Blackwell Science Ltd, 2002.
John R. Graham-Pole, The marriage of Art and Scienze in Health Care, Yale Journal of Biology and Medicine 74 (2001), pp. 21-27.
Judith A. Maloni, Seunghee Park, Mary K. Antony, Carol M. Musil, Measurement of Antepartum Depressive Symptoms During High-Risk Pregnancy, Research in Nursing & Health, 2005, 28, 16-26.

VALUTAZIONE ED ACCOGLIENZA PSICOLOGICA PRESSO LA CASA CIRCONDARIALE DI LODI [poster]
Dott.Ssa Simona Boni
Psicologa, Perfezionata in Psicopatologia Forense, Specializzanda in Psicoterapia
Psicologia Aziendale A.O. Provincia di Lodi

PREMESSA
L’U.O. di Psicologia Aziendale dell’A.O. della Provincia di Lodi, dal marzo 2010 si occupa del “Servizio Psicologico per l’accoglienza e per gli interventi di sostegno a tutela del benessere psicofisico dei detenuti”. Tale servizio è diretto ad accertare e valutare la presenza di fattori di rischio come gli agiti autolesionistici e suicidari nei soggetti detenuti.
Questo servizio viene attivato nella fase iniziale della carcerazione, momento in cui possono verificarsi “disturbi dell’adattamento”.

METODOLOGIA
Sul versante metodologico l’indagine e la valutazione si realizzano attraverso un colloquio di ingresso che tende a recuperare contenuti ed informazioni rispetto a varie aree della vita del detenuto: famigliare, clinica e istituzionale. Nei casi in cui si ravvisi la necessità di approfondire stati ansioso-depressivi possono essere somministrati dei test: il BDI II, STAI Forma Y. Infine LO Psicologo può dare indicazioni per avviare una presa in carico da parte della Psicologa Consulente interna al carcere o allo Psichiatra.

RISULTATI
In questo periodo di attività e dopo aver effettuato 200 incontri, si è valutata la necessità di inviare il 5% della popolazione carceraria in situazione di marcata difficoltà di adattamento, o alla Psicologa Consulente della struttura carceraria o allo Psichiatra per ulteriori approfondimenti di tipo diagnostico.

BIBLIOGRAFIA
A.Beck, R.A. Steer, G.K. Brown. (2005) Beck Depression Inventory II. Firenze: Giunti O.S.
Dipartimento Salute Mentale U.S.C. Psicologia Aziendale (2011) Alla prova del reale. Lodi
U. Fornari. (2008) Trattato di psichiatria forense. Torino: Edizioni Utet.
Ordine Picologi della Lombardia. Psicologia Penitenziaria. Documento del gruppo di lavoro dell’OPL sulla Psicologia Penitenziaria. Milano.
G. Ponti, Merzagora Betsos I. (2008) Compendio di criminologia. Milano: Edizioni Raffaello Cortina.
A. Spacca, P. Roma, S. Ferracuti, Tatarelli R. (2007) Le condotte suicidarie in carcere: ricerca sul fenomeno in Italia e in Europa. sAS n. 10.
L.D. Spielberger, R.L. Gorsuch, R.E. Lushene. (1988) STAI State Trait Anxiety Inventory, Forma Y. Firenze. Giunti O.S.
World Health Organization. (2007) La prevenzione del suicidio nelle carceri. IASP International Association for Suicide Prevention. Geneva Switzerland: Who Press.

SPERIMENTAZIONE DI INTERVENTO PSICOLOGICO SUL DOLORE: PROTOCOLLO D’INTESA TRA U.O DI TERAPIA ANTALGICA ED U.O. DI PSICOLOGIA AZIENDALE DELL’A.O. DI LODI [poster]
Dott.Ssa Simona Boni
Psicologa, Perfezionata in Psicopatologia Forense, Specializzanda in Psicoterapia
Psicologia Aziendale A.O. Provincia di Lodi

I contenuti emotivo-affettivi accompagnano il dolore fisico cronico, destrutturando l’organizzazione personale, influenzando comportamento e rapporti sociali. La valutazione psicologica identifica i fattori che favoriscono la persistenza del dolore e da indicazioni per definire una terapia multidisciplinare personalizzata.

METODOLOGIA
1. VISITA-COLLOQUIO CON MEDICO E PSICOLOGO: Si raccolgono varie informazioni: storia della sintomatologia, pensieri e immagini relative al dolore, problemi sociali ed aspettative riguardo alla terapia.
2. COLLOQUI PSICOLOGICI: In seguito ai dati ricavati da questa visita si propone al paziente un approfondimento psicologico (4-6 colloqui). La finalità è di arrivare ad una eventuale diagnosi di comorbilità psicopatologica o la presenza di disturbi comportamentali e sociali.
3. DIAGNOSI PSICOLOGICA: Oltre ai colloqui possono essere somministrati dei test: SF36, SCL90, BDI II, STAI, SWAP 200.
4. INDICAZIONI AL TRATTAMENTO: Da questa complessa e articolata valutazione il Medico e lo Psicologo definiscono un programma terapeutico e le indicazioni al trattamento di tipo farmacologico e/o psicologico.

RISULTATI
Da gennaio a dicembre 2010 sono stati effettuati 140 colloqui alla presenza del Medico e dello Psicologo. Al 25% della popolazione (35 persone), afferente al servizio di Terapia Antalgica, è stato proposto un approfondimento sul versante psicologico: 18 hanno accettato la consultazione. Le diagnosi psicopatologiche sono state: disturbi d’ansia, disturbi di somatizzazione, depressione. Si sono effettuati invii ad altre Unità Operative: Psicologia Aziendale, Psichiatria e Neurologia.

BIBLIOGRAFIA
Beck A.T., Steer R., Brown G. (2006) BDI II Beck Depression Inventory II. Firenze: Edizioni O.S.
Bonica J . (1992) Il dolore. Roma: Edizioni Delphino.
Dipartimento Salute Mentale U.S.C. Psicologia Aziendale (2011) Alla prova del reale. Lodi
Spielberg C., Gorsuch R.L., Lushene R.E. (1989) STAI State-Trait Anxiety Inventory- Forma Y. Firenze: Edizioni O.S..
Western D., Shedler J., Lingiardi V. (2003) La valutazione della personalità con la Swap-200. Milano: Editore Raffaello Cortina.
Villamira M.A. (1984) La psicologia nello studio e nel trattamento del dolore. Milano: Edizione Franco Angeli.

PROGETTO TRAUMA: PER UNA PRESA IN CARICO PRECOCE DELLE CONSEGUENZE PSICOLOGICHE DEGLI EVENTI TRAUMATICI [poster]
Francesca Colombi, Stefania Cristinelli, Caterina Galbiati, Elena Paganini, Alessandra Saibene, Maguy Viscardi, Giorgio De Isabella, Giancarlo Fontana
AO Ospedale San Carlo Borromeo Milano – UOC Psicologia Clinica

Il presente progetto si pone come prosecuzione di un percorso che ha portato l’UOC di Psicologia Clinica dell’AO Ospedale San Carlo di Milano a sensibilizzarsi, ad approfondire alcune tematiche ed a coordinare esperienze e competenze, circa la complessità, la gravità e la gravosità delle conseguenze, a livello psicologico, associate all’esperienza di un evento traumatico.
Gli obiettivi del progetto sono la sensibilizzazione degli operatori sanitari e della popolazione ai temi del Trauma nella sua dimensione di sofferenza psicologica, l’identificazione preventiva / precoce dei pazienti più a rischio e l’introduzione nella routine del programma di assistenza psicologica ai pazienti traumatizzati in contesto ospedaliero.
Il progetto si sta sviluppando operativamente con azioni di tipo informativo/formativo (messa a punto di materiale informativo come brochure e locandine, attivazione di corsi di formazione rivolti agli operatori dei diversi reparti…) e con lo sviluppo di attività cliniche nei reparti di degenza, in ambulatorio UOPC e presso il DEA con uno sportello in Pronto Soccorso.
I punti di forza possono essere individuati nell’utilizzo di setting multipli, di tecniche specifiche (Debriefing e EMDR), nella Costruzione condivisa con i referenti sanitari di una «Scheda di rilevazione» nella formazione specifica continua per il personale ospedaliero e nelle valutazioni neuropsicologiche per pazienti anziani e/o con trauma cranico.

BIODANZA E BENESSERE PSICOFISICO
Dr. Mario De Cesare, Assistente Sanitario, laureando in psicologia
Dr.ssa Mariella Nicoletti, Medico Insegnante di Biodanza

A.S.L. Milano – Biodanza Italia

PREMESSA E METODO
BIODANZA è un processo ludico terapeutico basato su un modello teorico, ideata dal Prof. Rolando Toro, psicoterapeuta Cileno, docente all’Università Pontificia di Santiago del Cile. Le basi del modello sono i potenziali umani geneticamente ereditati presenti in ogni individuo: vitalità, affettività, sessualità, creatività, trascendenza. In relazione all’ambiente essi possono esprimersi, influenzando la salute.
B. è sia anti-stress, sia un sistema di sviluppo e integrazione dei potenziali umani; si pratica in gruppo, è impiegato un setting di esercizi che producono “VIVENCIE”: esperienze positive vissute dalle persone. B. riscatta le funzioni positive delle emozioni, che spesso sono negate o represse nel quotidiano. Gruppo paritario, musica, comunicazione non verbale, emozioni sono elementi fondamentali di Biodanza.

AMBITI
Pazienti Parkinsoniani, R.S.A., riabilitazione nelle dipendenze, riabilitazione psiconcologica, comunità operanti con giovani abusati o viventi in condizioni marginali. Nelle organizzazioni: come anti-stress, perché facilita l’aggregazione e il coinvolgimento motivazionale.

EFFETTI TERAPEUTICI
La frequenza settimanale dà i migliori effetti. L’andamento del processo si valuta osservando il comportamento, soprattutto dal punto di vista neuromotorio ed emotivo. Si osservano gli andamenti posturali i cambiamenti; nel caso di blocchi psicosomatici del movimento, spesso si osserva un graduale scioglimento degli stessi: il corpo è “rivissuto” con dolcezza e con piacere. Ogni incontro inizia con la condivisione verbale, priva di giudizi e analisi. Ogni partecipante può parlare di sé e di quanto sperimentato nell’incontro precedente. E’ utile all’insegnante per valutare l’andamento del gruppo e quali esercizi proporre prossimamente.

STRUMENTI E RISULTATI
Gli effetti anti-stress derivano: sia dall’esperienza in un gruppo di pari, sia perché vengono riacquisiti gesti fondamentali per la specie umana: abbracci e carezze. Gesti affettivi che nella nostra società individualista e conflittuale diventano sempre più rarefatti e dimenticati. L’esperienza solidale del gruppo consente invece di riviverli e sperimentarli con piacere. Ciò determina verosimilmente un incremento della disponibilità di ormoni e neurotrasmettitori connessi al piacere e al contatto fisico: dopamina, endorfine, estrogeni, serotonina. Questo incremento di disponibilità di dopamina è probabilmente più evidente e spiega l’efficacia di Biodanza nel Parkinsonismo.

INTERVENTI SANITARI PER MINORI SOTTOPOSTI A PROCEDIMENTO PENALE [poster]
Antonio Di Tucci, Tiziana Valentini, Giorgio De Isabella
UOC di Psicologia Clinica – Direttore: Dott. Giorgio De Isabella

Con il passaggio della medicina penitenziaria al servizio sanitario nazionale, sancito dal DPCM 1/04/2008 e dalla successiva DGR del 1/10/2008, e la costituzione dell’Unità Operativa sovra funzionale “Interventi Sanitari per Minori sottoposti a Procedimento Penale” presso l’AO Ospedale San Carlo Borromeo” del 7/08/2009, gli interventi sanitari di tipo psicologico nel penale minorile hanno acquisito le caratteristiche tipiche degli interventi sanitari svincolandosi dall’Osservazione e Trattamento. L’intervento infatti viene attivato non più dal giudice, per il tramite del Servizi Minorili della Giustizia, bensì da una richiesta e un’adesione volontaria del paziente. Qualora questo sia minorenne, presuppone il consenso scritto dei genitori. Perde la connotazione di controllo dell’adesione alle prescrizioni del Giudice e si configura come valutazione psicodiagnostica sulla presenza di bisogni sanitari, consultazione per favorire la consapevolezza di tali bisogni, supporto all’adattamento alla condizione detentiva, eventuale psicoterapia, raccordo con i servizi sanitari territoriali (UONPIA e/o CPS) per garantire la continuità terapeutica. L’intervento riguarda sia condizioni psicopatologiche conclamate, che condizioni di disagio psichico suscettibili di evolvere in psicopatologia, sia precedenti alla connessione del reato che scatenate dal passaggio alla condizione detentiva. Il meccanismo di attivazione dell’intervento sanitario è la segnalazione del Medico di Medicina Generale, afferente alla Unità Operativa Semplice della Direzione Medica di Presidio delle Strutture Ambulatoriali e Territoriali. Tale segnalazione attiva l’intervento degli psicologi afferenti all’Unità Operativa di Psicologia Clinica. Le caratteristiche degli Interventi sanitari nel Penale Minorile sono diventate Linee Guida Regionali il 14/04/2011.
I primi due anni di intervento hanno evidenziato la prevalenza di Disturbi della Condotta e Disturbi misti della Condotta e della Sfera Emozionale che hanno condizionato la commissione del reato e l’ingresso nel circuito penale; e di Disturbi d’Ansia reattivi alla condizione detentiva. La segnalazione ai Servizi Sanitari Territoriali avviene per i primi, non per i secondi. Infine, nell’agosto 2010 è stato costituito il Servizio di Consultazione a favore dei dipendenti del Ministero della Giustizia e della Polizia Penitenziaria, sia come consultazione individuale che come interventi di gruppo per la gestione degli eventi critici.

PROCREAZIONE MEDICO-ASSISTITA: LA RICERCA PSICOLOGICA COME FONDAMENTO DELL’INTERVENTO CLINICO [poster]
E. Dordoni*, M. Cavalleri*, U. Omodei**, E. Sartori**, P.L. Righetti***, E. Beretta*.
*Servizio di psicologia dell’area ostetrica, Spedali Civili di Brescia
**Università degli Studi di Brescia
***Università degli studi di Padova

PREMESSE
Dalla letteratura emerge che la Procreazione Medicalmente Assistita si configura come un percorso denso di momenti stressanti e problematici, sia per la coppia, sia per i singoli componenti di essa.
L’indagine sulla paternità nella PMA considera il forte carico emotivo che l’uomo si trova ad affrontare dovendo sostenere la propria compagna e allo stesso tempo preservare, coltivare ed intensificare i propri sentimenti rispetto alla propria esperienza di paternità, soprattutto quando la sterilità è motivata dalla componente maschile.
Quindi, come ribadito dalla legge 40 del 2004, il counseling psicologico e la ricerca, possono essere un’importante risorsa per accettare una condizione problematica e densa di molti significati simbolici.

METODI
La ricerca presentata ha l’obiettivo di verificare la presenza di eventuali differenze tra soggetti maschi che portano una condizione di sterilità tale da impedire loro stessi la procreazione rispetto a coloro i quali, invece, non ne sono direttamente la causa.
Il campione osservato, costituito da 55 soggetti, è stato suddiviso in due gruppi: il gruppo SM (Sterilità Maschile; 52,7%) in cui rientrano i soggetti la cui impossibilità a procreare è dettata da una problematica di tipo esclusivamente maschile, e il gruppo AS (Altre Sterilità; 47,3%) dove si collocano i soggetti la cui impossibilità a procreare è determinata da cause femminili, miste oppure idiopatiche.

STRUMENTI
Lo strumento utilizzato per la verifica della presenza di problematiche è il QPMAI° (Questionario sulla PMA per il I° colloquio, P.L. Righetti), questionario non ancora standardizzato ma che presenta indici di riferimento, che indaga 5 aree coinvolte nel percorso di fecondazione assista: la motivazione alle tecniche, la sessualità, la genitorialità, le relazioni interpersonali, i disturbi.
È stata anche utilizzata la SCL-90R, nella versione internazionale, con l’esclusivo intento di determinare la normalità dei profili psicologici del campione.

RISULTATI
Si sottolinea, in prima battuta, che il campione osservato nell’ SCL-90R ha riportato risultati in media con il campione di riferimento, indicando così la normalità dei gruppi osservati.
A differenza di quanto riportato in letteratura, non si sono evidenziate differenze significative tra i due gruppi di ricerca.

IL RUOLO DELLO PSICOLOGO IN CRM: Il modello di Villa San Giorgio [poster]
Rossella Frascoli – Ramona Perelli
CRM Villa San Giorgio, Tarditi srl – Varzi (PV)

Obiettivo del presente lavoro è descrivere il complesso ruolo dello psicologo in CRM, partendo dall’analisi dei presupposti teorici e delle modalità operative che utilizziamo presso la Comunità Villa San Giorgio di Varzi (PV). L’idea nasce dal desiderio di condividere le riflessioni teoriche compiute in questi anni e promuovere così uno stimolante confronto tra colleghi che operano nell’ambito della riabilitazione psichiatrica, in particolare nell’area della psicosi.
Quest’ultima è infatti caratterizzata da una pervasiva semplificazione dell’esistenza e della realtà che arriva a coinvolgere anche il gruppo curante, rendendo necessaria la costante consapevolezza di tale esposizione per poterne riconoscere ed affrontare le implicazioni.
Il poster prende quindi in esame l’approccio metacognitivo dello psicologo nelle complesse interazioni negoziali della triade terapeuta, paziente, équipe e l’importanza di una chiara definizione e distinzione dei ruoli professionali che la quotidianità e la familiarizzazione caratteristiche delle strutture residenziali nonché, nuovamente, la presenza della psicosi inevitabilmente rendono labili.
Attenzione particolare viene posta alla scelta di avere nell’équipe la presenza di due psicologi, fonte di dinamiche e possibilità non fruibili diversamente che analizzeremo nel presente lavoro.
Vengono infine descritte e motivate le mansioni che lo psicologo svolge in struttura, tra cui: colloqui psicologici settimanali; colloqui mensili con le famiglie; équipe; supervisione delle attività riabilitative; stesura ed aggiornamento dei progetti individuali.

Bibliografia
Bisanti R., Bani M., Speri V. & Rezzonico G. (2011). Il progetto psicoterapeutico. Paziente, terapeuta ed équipe. Quaderni di psicoterapia cognitiva 28, vol.16 n°1, 7-21.
Montinari, G. (2011). Luoghi comuni e comunità. Broni (PV): Cortocircuito.
Montinari, G. (2001). Psicoterapia al limite. Milano: Franco Angeli.
Perris, C. (1996). Terapia cognitiva con i pazienti schizofrenici. Torino: Bollati Boringhieri.

STUDIO DEI FATTORI CHE CONDIZIONANO IL TEMPO DECISIONALE NEI PAZIENTI CON STEMI [poster]
Egidio Marangoni (1), Francesca Noli (2), Giulia Acquistapace (1), Paola Sepe (1), Claudio Panciroli (1), Fabio Lissoni (1)
(1) USC Cardiologia Lodi, Azienda Ospedaliera della Provincia di Lodi; (2) Associazione R. Malusardi – Amici del Cuore Onlus, Lodi / U.O. di Psicologia Aziendale Lodi

Background: Nei pz con infarto miocardico sopraST (STEMI), il tempo decisionale (TD) del pz, inteso come tempo intercorso tra inizio sintomi e primo contatto medico, rappresenta un componente del ritardo evitabile fondamentale e ancora poco indagata.

Scopo dello studio: valutazione dei fattori socio-demografici e psicologici che influenzano il TD nei pz con STEMI.

Casistica e metodi: sono stati studiati tutti i pz ricoverati per STEMI dal 1.4.2009 al 30.6.2010. Si sono calcolati i tempi tra inizio dei sintomi e chiamata del 118 o arrivo del pz in PS; le caratteristiche socio-demografiche; le strategie di coping e di attivazione mediante questionario e colloquio.

Risultati: da un totale di 150 pz, 95 sono risultati arruolabili; età media 62 aa (range 33-91). Si trattava del primo infarto nel 85% dei casi. Il TD medio è stato di 274,02 minuti (mediana 90 min, minimo 5 min, massimo 3 giorni). Per quanto riguarda le strategie di coping messe in atto (cosa è stato fatto all’esordio dei sintomi): 26,6% ha chiamato subito il 118; 23,4% ha continuato a svolgere le proprie attività; 19,1% si è recato in PS; 14,9% si è rivolto ad amici/parenti; 11,7% al MMG. Tra i motivi per cui non è stato chiamato subito il 118: il 75.7% ha confuso i sintomi; 10% pensava che passassero/si vergognava; 11.7 % si è rivolto al MMG. L’analisi statistica bivariata tra le variabili descritte e il TD ha evidenziato una correlazione significativa solo con il primo infarto e una tendenza alla significatività per i pz non sposati (TD maggiore). TD minore correla con la strategia di chiamare il 118 rispetto a recarsi in PS o chiamare il MMG; mentre TD maggiore correla con il non aver avvertito sintomi o non averli riconosciuti come infartuali. Sapere che si deve chiamare il 118 in caso di infarto non ha influenzato significativamente il TD.

Conclusioni: lo studio evidenzia che alcuni fattori socio-demografici e alcune strategie di attivazione influenzano il TD del pz all’esordio dello STEMI. La strategia corretta della chiamata precoce del 118 non rappresenta ancora la modalità prevalente di risposta all’esordio dei sintomi. La difficoltà di molti pz a riconoscere i propri sintomi come infartuali condizionerebbe maggiormente il ritardo nella ricerca del contatto medico; elemento da considerare nei programmi educazionali per la popolazione.

ATTIVAZIONE DI UNA CONSULENZA DI PSICOLOGIA MEDICA IN UN OSPEDALE GENERALE[poster]
Valentina Martinelli, Francesca Dionigi, Eleonora Boni, Claudia Beschi, Giorgio Amati, Ilaria Michelini, Ilaria Missaglia, Maria Besozzi, Umberto Provenzani, Pierluigi Politi.
Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali, sezione di Psichiatria, Fondazione IRCCS “Policlinico San Matteo”, Attività di Psicologia Medica

Premesse:
L’attività di Psicologia all’interno del Sistema Sanitario Nazionale ha conosciuto un importante sviluppo, in collaborazione con la Psichiatria, sia nel contesto dei Servizi di Salute Mentale territoriali sia nell’ambito dell’Ospedale Generale. Come rilevato anche dal Piano Regionale di Salute Mentale della Regione Lombardia, l’Ospedale Generale è di fatto una delle sedi più importanti per il riconoscimento dei disturbi psichici. Studi epidemiologici indicano una prevalenza di disturbi mentali tra i pazienti ricoverati compresa tra il 23 e il 61%. L’attivazione di Servizi di Consulenza che integrino competenze psicologiche e psichiatriche all’interno del contesto ospedaliero rappresenta una risorsa importante. I possibili interventi includono colloqui di valutazione, presa in carico psicologica e/o farmacologica dei pazienti ricoverati, il supporto ai familiari, il lavoro di collegamento con la Rete dei Servizi Territoriali, la collaborazione ad attività di ricerca e formazione. Da luglio 2011 è nata presso la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia l’Attività di Psicologia Medica. Il team, costituito mirando alla sinergia tra aspetti medici e psicologici, annovera due Psicologi e due Psichiatri, insieme ad alcuni borsisti e specializzandi.

Metodi:
L’Attività si rivolge ai pazienti ricoverati presso l’IRCCS Policlinico S. Matteo ed ai loro familiari. L’intervento prevede una valutazione iniziale, condotta da uno psicologo/psichiatra individualmente o congiuntamente, con l’obiettivo di inquadramento psicodiagnostico, definizione dei bisogni del paziente e del contesto familiare, integrata dalla somministrazione di test (HDRS, PHQ-9), seguita dall’impostazione di terapia farmacologica, se necessario, ed eventuale supporto psicologico limitato al periodo di degenza.

Strumenti:
È stato predisposto un database in duplice formato Excel/SPSS per la raccolta e la successiva analisi dei dati. Le variabili raccolte includono dati sociodemografici, provenienza e motivo della richiesta, punteggi riportati ai test, intervento concordato.

Risultati:
I dati preliminari relativi a questi primi mesi di attività hanno evidenziato una diversificazione nelle richieste di consulenza. Le aree caratterizzate dalla maggiore richiesta di intervento sono: chirurgia generale e mammaria, malattie infettive, rianimazione, ematologia, oncoematologia pediatrica. I dati sono ancora limitati per poter valutare se queste disparità riflettano specifici bisogni.

VALUTAZIONE DEGLI ESITI DELL’INTERVENTO PSICOLOGICO CLINICO IN AMBULATORIO – DESCRIZIONE DELLO STUDIO E DATI PRELIMINARI [poster]
Umberto Mazza*, Francesca Barile*, Paola Prandoni*, Federico Zorzi*^, Marco Bani*^, Massimo Clerici°^, Maria Grazia Strepparava^, Giorgio Rezzonico^.
*U. O. Psicologia Adulti, Dipartimento di Salute Mentale, A. O. San Gerardo dei Tintori, Monza
°U. O. Psichiatria, Dipartimento di Salute Mentale, A. O. San Gerardo dei Tintori, Monza
^MHCL, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Milano.

Premesse
Lo studio intende monitorare la qualità dell’intervento clinico e individuare aree di potenziale sviluppo del Servizio stesso. La ricerca si propone inoltre di valutare gli esiti dell’intervento psicologico clinico attraverso l’analisi delle differenze (pre-post intervento) nel benessere percepito, nel funzionamento psicologico generale e nella capacità di gestione dei problemi e nel rischio di agiti aggressivi, nel quadro sintomatologico obiettivo, nel funzionamento psicosociale, nelle modalità di utilizzo delle strategie di regolazione emotiva.
Strumenti e Metodi
Primo colloquio di raccolta anamnestica e valutazione di idoneità del Servizio. Secondo colloquio di assessment; in cui si somministrano i seguenti protocolli testali: SCID (I o II); DSM assi IV e V; MQPO; CORE-OM; SCL90-R; DERS; ERQ; SF-36 (solo nel caso di invio da altra U.O.). Sessione finale di assessment, in cui vengono somministrati gli stessi strumenti del secondo colloquio di valutazione, eccezion fatta per le interviste SCID.
Bibliografia
Balzarotti S., John O. P., Gross J. J. (2010) An Italian Adaptation of the Emotion Regulation Questionnaire. Eur J Psychol Assess; 26(1):61–67.
Derogatis L.R. (1983) SCL90: Administration, Scoring and Procedures Manual for the Revised Version. Creativ Res J, Baltimore.
Evans C., Connell J., Barkham M., Margison F., McGrath G., Mellor-Clark J., Audin K. (2002) Towards a standardized brief outcome measure: psychometric properties and utility of the CORE-OM. Br J Psychiatr. 180: 51-60.
First M.B., Spitzer R.L., Gibbon M., Williams J.B.W. (1997) Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I and II Disorders. American Psychiatric Press. Washington, DC.
Gratz K. L., Roemer L. (2004) Multidimensional Assessment of Emotion Regulation and Dysregulation: Development, Factor Structure, and Initial Validation of the Difficulties in Emotion Regulation Scale. J Psychopathol Behav Assess, 26(1): 41-54.
Nardi B., Arimatea E., Giovagnoli S., Blasi S., Bellantuono C., Rezzonico G. (in press) The Mini Questionnaire of Personal Organization (MQPO): validation of a new Post-Rationalist Personality questionnaire. Clin Psychol Psychother.
Ware J.E. Jr, Sherbourne C.D. (1992) The MOS 36-item short-form health survey (SF-36). I. Conceptual framework and item selection. Med Care Rev, 30(6): 473-483.
World Health Organization (2003). Mental Health Policy and Service Guidance Package – Quality Improvement for Mental Health. Bull World Health Organ. Geneva.

PREVENZIONE E CURA DEL DISAGIO MENTALE E SOCIALE TRA ADOLESCENZA E ETA’ ADULTA [poster]
Umberto Mazza*, Annalisa Merra*, Chiara Ferrario*, Fabrizia Colmegna°, Stefania Valagussa*, Massimo Clerici°°
* Unità Operativa di Psicologi Adulti, D.S.M. – A.. O. San Gerardo, Monza
° Unità Operativa di Psichiatria, D.S.M. – A. O. San Gerardo, Monza
°° Direttore U.O. Psichiatria, D. S. M., A.O. San Gerardo, Monza
Professore Associato ,Università degli Studi di Milano-Bicocca, Milano

Il periodo adolescenziale e post-adolescenziale, come tutte le fasi di passaggio del ciclo evolutivo vitale, è particolarmente soggetto al rischio di comparsa di disturbi psichiatrici.
Il disagio manifestato dagli adolescenti si identifica in un insieme di condizioni e di comportamenti che possono implicare forme di malessere psicologico o esordi di veri e propri disturbi psicopatologici, determinando situazioni di sofferenza e di marginalità.
Interventi precoci possono sovente prevenire la comparsa di disturbi conclamati e, in ogni caso, migliorarne l’esito.
Il Dipartimento di Salute Mentale dell’A.O. San Gerardo di Monza, in collaborazione con la Asl di Monza Brianza ed i Comuni dell’Ambito Distrettuale di Monza e Carate, ha costituito, nell’ambito dei progetti innovativi previsti dal Piano Regionale per la Salute Mentale, un’équipe dedicata all’adolescenza (14<24 aa.) per la valutazione e l’eventuale assunzione in cura in modo tempestivo, adeguato ed efficace, integrando la competenza di operatori provenienti da differenti servizi.
Gli obbiettivi del progetto: ridurre i fattori che contribuiscono al ritardo nel riconoscimento del disagio adolescenziale, familiare e sociale; identificare, diagnosticare, quantificare le problematiche; individuare e realizzare percorsi terapeutici ed assistenziali innovativi.
Nel periodo giugno 2010-2011 sono stati presentati 87 casi all’équipe: 75 valutati, 10 in corso di valutazione e 2 drop-out. Gli interventi sia psicologici sia psichiatrici sono rivolti al paziente ed ai famigliari oltre agli interventi di prevenzione e di sensibilizzazione presso scuole, agenzie formative e centri di aggregazione giovanile.
In riferimento ai casi valutati, 54 sono stati i casi assunti in cura e 21 le consulenze. Ai soggetti è stata somministrata una batteria testale che verrà ripetuta a sei, dodici e ventiquattro mesi.

BIBLIOGRAFIA
Armstrong T.D., Costello E.J. (2002), Community Studies on Adolescent Substance Use, Abuse, or Dependence and Psychiatric Comorbidity. Journal of Counsulting and Clinical Psychology, vol. 70, n°6, pp.1224-1239;
Cohen J.A. et al (2010), Practice Parameter for the Assessment and Treatment of Children and Adolescents With Posttraumatic Stress Disorder. Child and Adolescent Psychiatry, vol.49, issue 4, pp.414-430;
Portzky G. et al (2008), Psychosocial and Psychiatric factors associated with adolescent suicide. A case-control psychological autopsy study. Journal of Adolescent, vol.32, issue 4, pp. 849-862.

L’ATTIVITÀ NEUROPSICOLOGICA PRESSO IL PRESIDIO DI LODI [poster]
Ambra Mazzola*, Letizia Spada**, Maurizio Riva§, Riccardo Telleschi#
* Responsabile Ambulatorio di Neuropsicologia – A.O. della Provincia di Lodi
** Referente Ambulatorio di Neuropsicologia – Presidio di Sant’Angelo Lodigiano
§ Direttore U.S.C. Neurologia – A.O. della Provincia di Lodi
# Direttore U.S.C. Psicologia Aziendale A.O. della Provincia di Lodi

Il servizio di Neuropsicologia dell’A.O. della Provincia di Lodi nasce nel 2004. L’attività svolta consiste in:
- valutazioni neuropsicologiche “ospedaliere” di pazienti dell’U.S.C. di Neurologia (reparto, DH e U.V.A.) e di altre Unità Operative dell’A.O. della Provincia di Lodi che ne facciano richiesta;
- valutazioni neuropsicologiche “ambulatoriali” di pazienti non ricoverati ma inviati da medici curanti o da specialisti (neurologo, geriatra, psichiatra ecc.) attraverso prenotazione tramite CUP.
I pazienti oggetto di valutazione del profilo cognitivo-comportamentale sono caratterizzati da deficit cognitivi conseguenti a danno cerebrale.
Il profilo neuropsicologico fornisce un supporto alla diagnosi differenziale clinica e neuroradiologica del deterioramento cognitivo e permette un monitoraggio dell’evoluzione della malattia e una valutazione dell’impatto dei trattamenti terapeutici (follow-up). L’inquadramento neuropsicologico inoltre contribuisce alla determinazione del tipo e del grado di invalidità funzionale ed è alla base della pianificazione dell’eventuale terapia riabilitativa.
L’analisi dell’attività dell’Ambulatorio di Neuropsicologia svolta presso il Presidio di Lodi a partire dal 2005 permette di rilevare un aumento delle prestazioni effettuate (con un passaggio da 105 prestazioni nel 2005 a 283 prestazioni nel 2010), ed un parziale per l’anno 2011 pari a 259 prestazioni (registrate nel periodo gennaio-settembre).
Per quanto riguarda la composizione delle prestazioni in oggetto si può notare un graduale aumento delle visite effettuate con finalità di controllo, con una percentuale sul totale che le vede quasi triplicare in un periodo di cinque anni, registrando un passaggio dal 10% nel 2006 al 28% nel 2011 (dato aggiornato a settembre). Si rileva infine un incremento delle prestazioni ambulatoriali, con un passaggio dal 41% del totale nel 2005 al 89% nel 2011 (dato aggiornato a settembre), mentre per le prestazioni ospedaliere nel biennio 2009-2010 grazie ad una maggiore disponibilità di risorse è stato possibile un incremento dal 11% del totale nel 2008 al 36% nel 2009 e al 39% nel 2010.

L’INVECCHIAMENTO DEL PAZIENTE PSICHIATRICO IN STRUTTURA PROTETTA: L’INTEGRAZIONE MENTE-CORPO NELLA PROGETTAZIONE DI INTERVENTI DEDICATI. [poster]
Dr.ssa Daniela NEGRETTI*, Dr.ssa Paola RIZZI**
**Laboratorio di Neuropsicologia HS Anna Como, Fondazione Pro Senectute Ticino e Moesano, ***Comunità La Casa Lomazzo.

Premesse
La necessità di far fronte al processo di invecchiamento della popolazione ha portato ad una visione sempre più ampia – all’interno dell’offerta socio-sanitaria e delle discipline scientifiche, psicologia compresa – che tiene in considerazione il complesso intrecciarsi di cambiamenti a livello psicologico, fisico-somatico e sociale. Si prevede, infatti, che entro l’anno 2025 la popolazione di età uguale o superiore a 60 anni sarà più che raddoppiata (dati OMS).
Si è sviluppata in modo particolare l’attenzione per il benessere ‘globale’ del paziente affetto da patologia fisica e da demenze, mentre permane una difficoltà a farsi carico del problema della popolazione psichiatrica in corso di invecchiamento (WHO, 1996). Tale difficoltà emerge nell’organizzazione dell’offerta assistenziale (nello specifico, della Regione Lombardia) che sembra riproporre un punto di vista poco integrato occupandosi o del benessere psicologico o della componente fisica: la circolare n.49/SAN prevede infatti criteri di esclusione degli ultrasessantacinquenni dalle strutture psichiatriche residenziali. Quest’utenza risulta quindi destinata a strutture (RSA) non sempre attrezzate ad affrontare la componente psicopatologica, mentre le strutture psichiatriche (CRT e CP, in cui la maggioranza ha età compresa tra 45 e 64 anni, cfr. Direzione Generale Sanità, 2006) non offrono al momento risposte riabilitative specifiche, tenendo presente che il soggetto psichiatrico istituzionalizzato da molto tempo tende ad un invecchiamento precoce.

Metodi
Ricerca esplorativa, all’interno di strutture, sull’incidenza del bisogno descritto e affrontato a più livelli (organizzazione e stesura di attività mirate, stesura di PTR, relazione ospiti-operatori).

Strumenti
Osservazioni qualitative, Test cognitivi, Scale psichiatriche, VMD.

Risultati
Sensibilizzazione al problema. Pianificazione di progetti individuali di assistenza.

Bibliografia
Di Leo, Stella (1994). Manuale di psichiatria dell’anziano. Piccin.
WHO – Divisione Di Salute Mentale E Prevenzione Dell’abuso Di Sostanze (1996). Psichiatria dell’anziano. Dichiarazione tecnica di consenso.
Senin, et al.(2006). Paziente anziano. Paziente geriatrico. EdiSES.

INDAGINE ESPLORATIVA DEI FATTORI PSICOLOGICI CHE INFLUENZANO IL TEMPO DECISIONALE DEL PAZIENTE CON STEMI. [poster]
Francesca Noli (1), Giulia Acquistapace (2), Paola Sepe (2), Claudio Panciroli (2), Fabio Lissoni (2), Egidio Marangoni (2)
(1) Associazione R. Malusardi – Amici del Cuore Onlus, Lodi / U.O. di Psicologia Aziendale Lodi1);
(2) USC Cardiologia Lodi, Azienda Ospedaliera della Provincia di Lodi

Background: Nei pz con infarto miocardico sopraST (STEMI), il tempo decisionale (TD) del paziente influenza in maniera importante i tempi del ritardo evitabile pre-ospedaliero.
Scopo dello studio: indagine esplorativa dei fattori psicologici che influenzano il ritardo decisionale nei pz con STEMI.
Casistica e metodi: sono stati studiati i pz ricoverati per STEMI dal 1.4.2009 al 30.6.2010. Si sono calcolati il TD, tempo tra inizio sintomi e chiamata al 118 o arrivo al pronto soccorso e il profilo psicologico dei pz mediante test psicodiagnostici (CBA-H e DS-14) e colloquio clinico.
Risultati: da un totale di 150 pz consecutivi con STEMI, 95 sono risultati arruolabili: età media 62 aa (range 33-91). Il TD medio è stato di 274,02 minuti (mediana 90 min, minimo 5 min, massimo 3 giorni). Mediante colloquio e test sono state analizzate: le reazioni emotive post infarto (ansia di stato, paure sanitarie, reazione depressiva); lo stato emotivo antecedente l’infarto (deflessione del tono dell’umore, malessere psicofisico, percezione di stress); le caratteristiche di tratto e di personalità (introversione/estroversione, nevroticismo, ansia sociale, ostilità, incapacità a rilassarsi, difficoltà interpersonali, competitività, irritabilità, ipercoinvolgimento, inibizione sociale, affettività negativa); e alcuni pattern di personalità e comportamentali (pattern stress, pattern ansia, pattern depressione, esaurimento vitale, tratti di personalità A e D). Sono stati analizzate anche le abitudini e i comportamenti (affettività, lavoro, eventi stressanti, relazioni sociali). L’analisi statistica bivariata tra le variabili descritte ed il TD ha evidenziato una correlazione significativa solo con le variabili nevroticismo ed esaurimento vitale (tempo minore); e significatività vicino alla soglia per i pz con ipercoinvolgimento (tempo maggiore). Il TD correla anche con l’abitare da soli (tempo maggiore) e con la monotonia lavorativa (tempo minore).
Conclusioni: il nostro studio evidenzia che alcune caratteristiche psicologiche, di personalità e alcune abitudini comportamentali influenzano il TD del paziente all’esordio dello STEMI. I pz con stabilità emozionale critica (alti valori di nevroticismo) e con percezione di stress ed esaurimento il periodo precedente l’infarto hanno tempi di decisione minori; i soggetti ipercoinvolti nelle attività quotidiane e lavorative o che abitano da soli si attivano con maggiore ritardo per cercare soccorso.

IL PROGETTO HUCARE NELL’AZIENDA OSPEDALIERA SAN GERARDO DI MONZA [poster]
Greta Chiara Pagani*, Marco Bani*, Lorenzo Tagliabue*, Francesca Barile*, Stefania Valagussa*, Paolo Bidoli**, Gianstefano Gardani***, Umberto Mazza*
*U.O. Psicologia Età Adulta, Dipartimento di Salute Mentale, A.O. San Gerardo di Monza
**Direttore U.O. Oncologia Medica, A.O. San Gerardo di Monza
***Direttore U.O. Radioterapia, A.O. San Gerardo di Monza, Professore associato di Radioterapia, Università degli Studi di Milano-Bicocca

Dal punto di vista psicologico la malattia oncologia rappresenta un momento fortemente destabilizzante per le persone che ne vengono colpite e, più in generale, per l’intero nucleo familiare. La rapidità e l’intensità del cambiamento che la diagnosi di tumore comporta nel normale fluire dell’esperienza sono tali da generare un forte livello di distress che può sfociare nello sviluppo di una sintomatologia ansiosa e depressiva (Baum, Anders, 2001; Holland et al., 2006).
I dati riportati in letteratura circa lo sviluppo di disturbi psicologici clinicamente rilevabili in pazienti oncologici sono stimati dal 15% al 45% (Sheard e Maguire, 1999; Massie, 2004).
Il Progetto Hucare (HUmanization of CAncer caRE), finanziato dal Ministero della salute e dalla Regione Lombardia, prevede l’implementazione nei centri oncologici italiani di interventi di evidence-based-medicine per migliorare lo stato psicosociale dei pazienti oncologici. Lo studio di durata triennale, è iniziato nel 2008 e ha coinvolto attivamente 29 reparti oncologici italiani, 2 istituti nazionali di ricerca sul cancro e oltre 600 professionisti tra medici oncologi, infermieri, psicologi e altro personale. Per i centri partecipanti, fra cui le U.U. O.O. di Oncologia medica e radioterapia dell’Ospedale San Gerardo di Monza, il progetto rappresenta un grande opportunità di intraprendere un processo di miglioramento verso l’umanizzazione dell’assistenza, ponendo al centro i bisogni informativi, psicologici e sociali del paziente e dei loro familiari e amici. A tal fine vengono utilizzati tre importanti strumenti: una lista di domande fornita al paziente dal medico di riferimento al termine della prima visita, un primo questionario che misura i bisogni del paziente (NEQ – Needs Evaluation Questionnaire) e un secondo che valuta la presenza di distress psicologico (PDI – Psychological Distress Inventory).
Negli 8 mesi di attività sono state valutate complessivamente 384 pazienti, di cui 100 rivalutati nel corso del trattamento. Sul totale dei pazienti testati circa il 9% (N=34) manifesta un punteggio al PDI clinicamente significativo all’avvio del trattamento e solo il 0.5% (N=2) in fase di retest.
Tra i pazienti con cut-off superiore al punteggio di riferimento, circa il 32% (N=11) è stato assunto in cura per un percorso di sostegno psicologico dopo il primo colloquio di restituzione.
In seguito alla prima somministrazione del questionario PDI circa il 3% (N=13), ha richiesto spontaneamente una consultazione psicologica, esprimendo un bisogno di supporto che non era stato rilevato dal test, ottenendo, di conseguenza, un punteggio al di sotto del cut-off.
Lo studio è in fase conclusiva, i sopraluoghi e le ispezioni nei reparti oncologici delle strutture che aderiscono al progetto sono già stati effettuati.
Il progetto è stato globalmente ben accettato, non sono state riscontrate resistenze particolari all’introduzione di tale strumenti e solo un numero ridotto di pazienti si è rifiutato di compilare il questionario.
I colloqui hanno avuto l’obiettivo di restituire un senso all’esperienza della malattia ed insieme la consapevolezza delle risorse personali e relazionali, che la tempestività dell’evento sembrava avere annullato.
L’attività di sostegno psicologico ha, inoltre, permesso di affrontare la dimensione esistenziale, personale e famigliare, delle pazienti contestualizzando il presente e rimodellando progettualmente un futuro vissuto, altrimenti, come profondamente incerto.

BIBLIOGRAFIA
- Baum A, Andersen B, (2001). Psychosocial interventions for cancer. American Psychological Association (APA). Washington, DC, US;
- Holland, JC. Greenberg, DB. Hughes, MK. (2006). Quick reference for Oncology clinicians: The psychiatric and psychological dimensions of cancer symptom management. International Psycho-Oncology Society (IPOS) Press;
- Massie M.G., (2004). Prevalence of depression in patients with cancer. Journal Of The National Cancer Institute Monograph;
- Sheard T, Maguire, P. (1999). The effect of psychological interventions on anxiety and depression in cancer patients: results of two meta-analysis. British Journal of Cancer.

DISAGIO MENTALE E CARCERE. IL SERVIZIO PER LA SALUTE MENTALE NELLA C.C. DI MONZA [poster]
Paola Rubelli*, Francesca Cova**, Sara Mauri*, Nazario D’Urso**, Milena Provenzi**, Marilena Sergio**, F. Cicolari**, V. Cimolai**, Umberto Mazza*, Massimo Clerici***
* Unità Operativa di Psicologi Adulti, D.S.M., A.O. San Gerardo, Monza
** Unità Operativa di Psichiatria, D.S.M., A.O. San Gerardo, Monza
*** Direttore D.S.M., A.O. San Gerardo, Monza, Professore Associato di Psichiatria, Dipartimento di Neuroscienze e Tecnologie Biomediche, Università di Milano Bicocca

Il “Piano Regionale per la Salute Mentale 2003-2005” ha già ben osservato come l’istituzione di funzioni organizzate, dedicate all’assistenza psichiatrica negli Istituti Penitenziari, in stretto collegamento con i Ser.D. e la medicina generale, permette una modalità operativa non più settorializzata e frammentata, ma una gestione diretta ed integrata da parte dei D.S.M.. Questo consente di affrontare in modo più efficace le problematiche psichiatriche della popolazione detenuta sia mettendole in relazione alla più generale tutela della salute mentale del cittadino sia marcando profondamente il carattere terapeutico dell’intervento in carcere e la necessità di “spazi” ad hoc in una realtà che, a tutt’oggi, ha visto prevalere gli obiettivi della penalizzazione del danno, del contenimento della pericolosità e della difesa sociale.
Alla luce di queste evidenze, il D.S.M. ha costituito un Servizio per la Salute Mentale nella Casa Circondariale di Monza, così organizzato: 2 specialiste psicologhe (50 h/settimana), dedicate alla rilevazione ed alla gestione del rischio di agiti auto e/o etero lesivi, a tutela della popolazione detenuta residente e in fase di accesso; 4 specialisti psichiatri (32 h/settimana), che operano in tutte le sezioni detentive, oltre al Reparto di Osservazione Psichiatrica (R.O.P.), finalizzato all’inquadramento diagnostico di detenuti provenienti da altre carceri.
Il presente studio, valutato nel periodo gennaio-giugno 2011 ha lo scopo di riportare alcuni dati preliminari sulla valutazione clinica ed, in particolare, sul rischio suicidario per 119 soggetti della popolazione reclusa.
Nel 31% dei casi i detenuti hanno manifestato sintomi di disadattamento, reattivo alla condizione detentiva, nel 21% si è riscontrato un quadro riferibile allo spettro dei disturbi dell’ansia e dell’umore, mentre il 30% soddisfa i criteri per la diagnosi di disturbo della personalità.
Per quanto riguarda la rilevazione del rischio suicidario, oltre il 60% dei detenuti valutati presenta in anamnesi pregressi agiti autolesivi (38%) o TS (30%). Durante il periodo di valutazione il 19% di essi ha messo in atto agiti autolesivi, che nel 4% dei casi si sono configurati come TS.
L’assenza di suicidi nel campione valutato, evidenzia l’efficacia dell’intervento per l’individuazione dei pazienti che necessitano di una presa in carico psichiatrica e che presentano un alto rischio suicidario.

COSTRUZIONE E CURA DEI LEGAMI: RUOLO DELLO PSICO-ONCOLOGO TRA PAZIENTE, FAMIGLIA, ED ÉQUIPE SANITARIA. [poster]
Federica Solari*; Giovanni Ucci**; Eligio Gatti***; Riccardo Telleschi****; Annalisa Burgazzi*****; Giulio Costa*****
*Psicologa, Psicoterapeuta USC Psicologia Aziendale;
**Direttore Dipartimento Oncologia;
*** Direttore Dipartimento Salute Mentale;
****Direttore USC Psicologia Aziendale;
*****Psicologo, Psicoterapeuta specializzando.
Azienda Ospedaliera della Provincia di Lodi

Negli ultimi anni la Psicologia della Salute e, più specificatamente, la psico-oncologia hanno dedicato molto interesse alla ricerca e allo sviluppo di nuovi interventi clinici e di strategie volte alla facilitazione organizzativa delle procedure assistenziali ponendo l’attenzione non solo ai pazienti e ai familiari, ma anche a tutto il sistema dei curanti. (Scott, Costa, Margola, 2010; Cigoli, 2002). In tal senso, il Dipartimento Oncologico della Provincia di Lodi ha perseguito tale obiettivo, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale, strutturando al proprio interno in maniera stabile un servizio di psiconcologia.
L’équipe, composta da uno psicologo strutturato, uno psicologo borsista e due psicologi specializzandi, entra in questa logica di intervento sia a livello clinico, che organizzativo operando in maniera trasversale tra le diverse Unità Operative del Dipartimento (2 Degenze Oncologiche, 2 Day-hospital, l’Hospice, il Servizio di Ospedalizzazione Domiciliare e l’USC di Radioterapia). Nell’impostazione del servizio e nella pratica clinica, il modello clinico di riferimento utilizzato è quello sistemico-relazionale, che considera ogni contesto ed ogni organizzazione come un insieme aperto di unità correlate tra loro (Telfener, 2011; Tommasoni, Solano, 2003).
L’intervento psicologico promosso all’interno del Dipartimento Oncologico, ha permesso negli anni, di stimolare i medici oncologi al riconoscimento delle criticità emotive del paziente, di strutturare un approccio clinico\comunicativo rivolto al paziente e alla sua famiglia il più possibile uniforme e di garantire nei reparti sopracitati un percorso psicologico di formazione\intervento costante. Per i pazienti e i familiari che accedono al Dipartimento Oncologico è garantito, qual’ora vi sia richiesta diretta in ogni fase della malattia o in seguito al risultato del programma di screening psico-oncologico, una presa in carico psicologica seguendo le linee guida definite dalla Società Italiana di Psiconcologia.

Bibliografia
Cigoli, V. (2002), Lo spirito della relazione e la provocazione della malattia. In: V. Cigoli, M. Mariotti (a cura di), Il medico, la famiglia, la comunità. L’approccio biopsicosociale alla salute e alla malattia. Franco Angeli, Milano.
Scott J., Costa G., Margola D. (2010), Helping couples cope with cancer: A multi-focal clinical intervention. In: V. Cigoli, M. L. Gennari (a cura di), Close Relationships and Community Psychology: An Interpersonal Perspective. FrancoAngeli, Milano.
Telfener, U. (2011), Apprendere i contesti. Raffaello Cortina, Milano.
Tommasoni, M., Solano, L. (2003), Una base più sicura. Esperienze di collaborazioni dirette tra medici e psicologi. Franco Angeli, Milano.

LA NEUROPSICOLOGIA NEL CONTESTO OSPEDALIERO. Presidio di Sant’Angelo Lodigiano e Presidio di Casalpusterlengo [poster]
Dr.ssa L. Spada*, Dr.ssa A. Mazzola*, Dr. R. Telleschi*
* U.C.S. di Psicologia Aziendale Dipartimento di Psichiatria e Salute Mentale in collaborazione con U.O. di Riabilitazione Specialistica I° e U.O. di Riabilitazione Specialistica II° A.O. della Provincia di Lodi

L’attività neuropsicologica all’interno del contesto ospedaliero prevede la valutazione del deficit cognitivo correlato a lesioni cerebrali conseguenti a patologia vascolare, traumatica, infettiva, degenerativa o ad altre cause di tipo psichiatrico, quali ansia, depressione o disagio sociale. L’indagine neuropsicologica attraverso l’osservazione clinica e la somministrazione di specifiche prove psicometriche tarate e standardizzate, valuta e quantifica i disturbi relativi alle cosiddette ‘funzioni cognitive superiori’, quali le capacità percettive, mnesiche, attentive, prassiche, esecutive etc. L’intervento del neuropsicologo prevede inoltre la stesura e l’attuazione di un progetto riabilitativo cognitivo finalizzato al recupero o alla stabilizzazione delle funzioni cognitive. A ciò si aggiunge la necessità di una valutazione e gestione psicologica delle difficoltà psico-emotive frequentemente rilevate nelle patologie coinvolgenti la funzionalità cognitiva ed il malato ospedaliero in generale, nonché un supporto rivolto ai familiari di riferimento per il carico assistenziale ed emotivo.

LE ATTIVITA’ PSICOLOGICHE NELLE STRUTTURE FRAGILITA’ E CURE DOMICILIARI DELL’ASL DI MILANO [poster]
D.ssa Antonella Tissot, Responsabile S.S. Fragilità D7, Prof. a contratto Università Statale di Milano
D.ssa Maria Michelazzo, D.ssa Chiara Vaggi, Dr. Dario Capelli, Psicologi e Psicoterapeuti Consulenti Asl Milano

PREMESSE
Le S.S. Fragilità e Cure Domiciliari dell’Asl si occupano di accogliere i bisogni della popolazione anziana fragile attraverso la valutazione di percorsi individuali, in rete con altri servizi territoriali e ospedalieri attivando, se necessario, “ voucher” socio-sanitari erogati da Enti Gestori Pattanti.

METODO
Il lavoro dello Psicologo si basa sull’ascolto empatico, sulla “relazione competente”, sulla lettura multiprofessionale in Equipe e sull’incremento della “funzione psicoanalitica della mente”, intesa come capacità di elaborare gli eventi dolorosi della vita. Svolge dunque una funzione clinica e formativa .Incrementa la capacità di lettura dei bisogni, accoglie le emozioni legate al cambiamento, prende in carico a livello individuale o di gruppo i pazienti e/o i loro familiari. Questa metodologia ha permesso di superare una visione frammentaria dell’utente e del servizio ma resta, ne siamo consapevoli, ancora poco codificabile e riproducibile perchè, troppo spesso, è lasciata agli stili individuali degli operatori.

STRUMENTI
Vogliamo qui riportare l’esperienza di un gruppo di auto-aiuto per familiari di dementi.
Il gruppo è costituito da una decina di nuclei familiari, ha carattere di open-door, è a tempo indeterminato, eterogeneo per grado di parentela, sesso ed età. Gli indicatori di stress legati al carico assistenziale, la depressione e l’ansia sono stati misurati all’inizio del percorso attraverso la somministrazione del Test di Green, del Self-Report CBI (Caregiver Burden Inventory) e la Scala di Yesavage.

RISULTATI
I test somministrati dopo 10 sedute e il Questionario sul Clima di Gruppo di Mc.Kenzie hanno evidenziato un miglioramento della depressione e dell’ ansia oltre che una riduzione nell’uso di psicofarmaci. Lo stress non ha subito variazioni significative. Questo dato (Items elevati:S6, S9,F13) sembra contraddire il miglioramento percepito nella qualità di vita. Trova, tuttavia, un’ interpretazione plausibile nella scarsa consapevolezza del familiare che il proprio disagio sia connesso all’assistenza e alla condizione di caregivering.
Il clima di gruppo ha agito sul riconoscimento.
Questo modello , che si è mosso a partire da quanto previsto nei Piani Regionali e dal S.S.N. è risultato efficace, pertinente ed economico.

E’ risaputo che lavorare in geriatria porta con sé, ancora oggi, grossi equivoci come quello di credere che con gli anziani non ci sia ormai più molto da fare. In realtà, sappiamo tutti quanto sia importante superare questo inaccettabile pregiudizio , accogliere i cambiamenti della vita e incominciare ad occuparsi, in qualche modo, oltre che della fragilità altrui, anche della propria.

Il fiume della vita
Rotolo lungo la mia strada
come il sasso di fiume che scende a valle,
suo malgrado.
Sbatto di qua e di là inerme,
mi sgretolo e assumo forme nuove,
mi fermo
e improvvisamente riparto
spinto dalle correnti.
Mi espongo ai raggi del sole
mentre una parte di me è sommersa nell’acqua
E poi via, di nuovo
verso altri lidi e spiagge e secca
e derive.
Non pongo resistenza ma proseguo
il mio cammino
felice di essere quel sasso
che il fiume
trasporta
al suo destino.
A.T.

LA CONSAPEVOLEZZA DEL RUOLO GENITORIALE DALLA PRENATALITÀ ALLA NEONATALITÀ [poster]
Alessandro Zighetti
Azienda Ospedaliera della Provincia di Lodi

Alla base di questo Progetto vi è il riconoscimento che durante la gravidanza e nel corso del primo anno di vita del bambino o della bambina si possono verificare difficoltà e situazioni di rischio che possono interferire con il comportamento genitoriale e con lo sviluppo del bambino. Ad esempio in questo periodo possono emergere nella donna reazioni e stati depressivi, che riguardano circa una donna su dieci.
E quello che rende più insidioso il riconoscimento dello stato depressivo materno è il fatto che su ogni madre si esercita una forte pressione familiare e sociale che la spinge a mostrarsi felice per la sua maternità anche se si sente a disagio. Va anche ricordato che, pur vivendo ogni donna in modo positivo l’arrivo del figlio, emergono in questo periodo preoccupazioni sull’andamento della gravidanza, sul parto, sulla salute prima del feto o poi del bambino che è nato che sollecita ogni donna a fare del proprio meglio e a verificare che tutto proceda nel migliore dei modi. E a volte queste preoccupazioni possono diventare insistenti, addirittura ossessive, da non lasciare tregua alla donna, costretta a rassicurarsi continuamente per allontanare queste idee disturbanti. E’ possibile che questi stati mentali della donna possano interferire con le capacità materne: ad esempio se una donna è depressa può essere preoccupata di non essere una brava madre e di non saper allevare e crescere il figlio. Questo lo possiamo osservare bene quando una madre allatta il figlio nei primi mesi. Nella maggior parte dei casi le madri assecondano le esigenze e i tempi del figlio creando un ritmo di scambio condivisi, tuttavia quando la madre è depressa può succedere che si comporti in modo intrusivo senza rispettare, ad esempio, i ritmi alimentari del bambino. In altre situazioni la madre che presenta depressione si comporta in modo distaccato, non riesce a coinvolgersi col figlio e dimostra un atteggiamento abulico e privo di iniziative. Tuttavia va sottolineato che la depressione, pur influendo spesso sulle capacità materne, non vuole dire sempre incompetenza genitoriale, infatti ci sono madri assolutamente capaci di prendersi cura e di interagire col figlio. .
Per evitare le conseguenze negative della depressione materna è auspicabile che questa condizione sia riconosciuta fin dalla gravidanza tenendo presente che una precedente storia di depressione oppure esperienze traumatiche passate possono predisporre ad una riemergenza della depressione. A questo proposito sono a disposizione oggi questionari relativamente sensibili.
Il Progetto si pone l’obiettivo generale di effettuare una prevenzione degli effetti della genitorialità a rischio sullo sviluppo infantile, migliorando negli operatori dei servizi materno-infantile le competenze necessarie alla individuazione precoce dei fattori di rischio psicosociale e depressivo che influenzano negativamente le capacità genitoriali e l’adattamento infantile. Il progetto si propone inoltre di realizzare interventi preventivi pilota sulla genitorialità a rischio.
Formare gli operatori dei servizi materno-infantili all’applicazione di un protocollo di screening per l’individuazione precoce del rischio psicosociale e depressivo. In tal senso si ritiene indispensabile fornire una formazione adeguata al personale coinvolto nel progetto per l’individuazione dei fattori di rischio che la letteratura ha individuato come possibili cause dello stress genitoriale. La rilevazione sistematica del rischio consentirebbe inoltre una valutazione epidemiologica più adeguata, in grado di fornire nel tempo informazioni attendibili circa le aree più soggette ad un accumulo di fattori di rischio o circa le caratteristiche della popolazione più soggetta a comportamenti genitoriali disfunzionali.